Incendi nel mediterraneo - Dati sulle emissioni climalteranti a confronto

Graphical abstract

Un nuovo studio ha trovato delle discrepanze tra quattro inventari di emissioni all’avanguardia.

La review sulle metodologie per quantificare le emissioni da incendi di vegetazione e relativi dati forniti dagli inventari è stata pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment e vede coinvolto un gruppo di ricerca del CNR-ISAC, in collaborazione con l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del CNR (CNR-ISAFOM), la Scuola universitaria superiore di Pavia (IUSS) e l’Università di Urbino.

 

Lo studio ha confrontato le emissioni di gas climalteranti da parte degli incendi di vegetazione nella regione del Mediterraneo tra il 2003 e il 2020 per quattro inventari (GFAS, GFED, FINN ed EDGAR). Ci si è concentrati in particolare sulle emissioni di anidride carbonica, metano, protossido di azoto e black carbon.

Questi inventari, pur registrando gli stessi picchi di emissione per anni particolarmente colpiti da incendi nella regione (2007, 2012 e 2017), presentano, come emerge dal confronto, notevoli differenze nel quantificare le emissioni di gas serra e black carbon. “Le discrepanze nelle emissioni sono state attribuite a differenze nei metodi di rilevamento degli incendi, nelle risoluzioni spaziali e nelle ipotesi sui fattori di emissione.” – spiega Rabia Ali Hundal, autrice dello studio e PhD student presso la Scuola universitaria superiore di Pavia e l’Università di Urbino e associata al CNR-ISAC – “Queste discrepanze sottolineano la necessità di armonizzare le metodologie per migliorare l'affidabilità delle stime delle emissioni.”

 

I ricercatori hanno inoltre notato che gli anni che presentavano un picco di emissioni dovute agli incendi di vegetazione nel Mediterraneo sono stati caratterizzati da eventi de La Niña, controparte fredda di El Niño e che insieme costituiscono un fenomeno oscillatorio (El Niño Southern Oscillation, ENSO) che interessa Oceano Pacifico e atmosfera e in grado di condizionare il clima mondiale nel breve periodo.

In tal senso, “ENSO potrebbe aver giocato un ruolo nel determinare parte della variabilità interannuale osservata delle emissioni di gas serra e black carbon associate agli incendi di vegetazione aperta nella regione mediterranea”, come si legge nello studio. “Tuttavia, a causa del periodo piuttosto breve considerato nel nostro lavoro di analisi e delle complesse interazioni tra diversi fattori che influenzano l'insorgenza degli incendi boschivi nel Mediterraneo, sono necessari ulteriori studi più specifici per consolidare questa possibile relazione”, continua Hundal.

 

Questa ricerca sottolinea l’importanza di andare a migliorare i sistemi per quantificare le emissioni e supportare ricerche in questa direzione. Studi futuri potrebbero infatti sviluppare metodologie coerenti, integrando dati raccolti da satellite e a terra e utilizzando sistemi già adoperati in altri settori di emissioni. “In particolare, quello che suggeriamo è che anche per gli incendi di vegetazione si possano tentare di applicare tecniche di valutazione delle emissioni di tipo top-down, ossia basate sull’utilizzo combinato di dati di concentrazione atmosferiche delle sostanze clima-alteranti raccolti da stazioni a terra e da satellite con simulazioni del trasporto atmosferico.” – spiega Paolo Cristofanelli del CNR-ISAC, tra gli autori dello studio – “Ciò permetterebbe di avere delle stime indipendenti da confrontare con i numeri forniti dagli inventari come quelli che abbiamo analizzato nel nostro lavoro.”

 

Migliorare gli inventari delle emissioni permetterebbe quindi di sviluppare delle strategie basate sulle evidenze per la prevenzione degli incendi e una mitigazione efficace del cambiamento climatico, soprattutto a livello locale e regionale.