Simulare il collasso dell’AMOC per comprendere meglio i tipping point climatici

AMOC

Il collasso della circolazione oceanica nel Nord Atlantico può avvenire anche senza forzanti esterne, a causa della sua variabilità climatica interna. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista npj Climate and Atmospheric Science, che vede Matteo Cini, Giuseppe Zappa e Susanna Corti del CNR-ISAC tra gli autori.

L’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) è un sistema di correnti oceaniche dell’Atlantico di fondamentale importanza per il clima, regolando la circolazione di calore dall’Equatore fino ai poli. L’AMOC è alimentata dallo sprofondamento di acqua densa fredda e salata nel Nord Atlantico subpolare, dovuto all’elevata perdita di calore per scambio con l’atmosfera polare fredda.
Si prevede che l’AMOC potrebbe diminuire in risposta ai cambiamenti climatici di origine antropica, a causa di una diminuzione della densità superficiale dell’oceano in quest’area, dovuta al progressivo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia. Secondo il sesto rapporto dell’IPCC, la probabilità che l’AMOC superi un punto di non ritorno (tipping point) collassando in uno stato stabilmente indebolito è bassa, ma con un impatto potenziale sul clima molto elevato.

Grazie a un algoritmo di rare event, le simulazioni dei ricercatori mostrano che l’AMOC può collassare spontaneamente a causa della sua variabilità climatica interna, anche senza forzanti esterne. Con il collasso dell’AMOC si osserva una diminuzione generale delle temperature nell’emisfero boreale, con un calo dell’ordine di 1,5° C nei continenti settentrionali e di 0,5 °C a livello globale, con ricadute anche sui pattern delle precipitazioni. Inoltre, alcune traiettorie tracciate dal modello mostrano un collasso che persiste per centinaia di anni, avendo superato così un punto di non ritorno.

 

Diminuzione spontanea dell’AMOC con algoritmo di rare event. Nella figura a sinistra, in grigio l’evoluzione tipica della AMOC, in rosso le simulazioni con l’algoritmo, ingrandite nella figura a destra. (Cini et al., 2024)
Diminuzione spontanea dell’AMOC con algoritmo di rare event. Nella figura a sinistra, in grigio l’evoluzione tipica della AMOC, in rosso le simulazioni con l’algoritmo, ingrandite nella figura a destra. (Cini et al., 2024)

 

“L’AMOC di per sé ha un andamento oscillatorio che può fare dei salti verso altri stati” – spiega Matteo Cini – “Questi salti sono osservati in coincidenza dell’innescarsi o del concludersi delle ere glaciali, ma non sappiamo ancora quale sia la relazione causale.” Questa variabilità, oltre a essere influenzata dall’effetto antropico, è dovuta a diversi fattori, come l’estensione dei ghiacci, i livelli di anidride carbonica in atmosfera, la temperatura del Nord Atlantico, la concentrazione di sale delle correnti oceaniche e altre variabili.

Queste ricerche consentono quindi da un lato di indagare quali componenti interne del sistema favoriscono il collasso dell’AMOC, per poi dall’altro poter studiare l’effetto dell’aumento dei gas serra su questo tipo di tipping point. “Molte ricerche mostrano che con l’aumentare dei livelli di anidride carbonica aumenta la probabilità che questi eventi accadano, cercando di comprendere se esista un livello soglia oltre il quale l’AMOC collassa. Oltre a questo, è importante capire come anche la variabilità interna dell’AMOC possa favorire o meno il suo collasso”, prosegue Matteo Cini.
In questo studio, tra le variabili interne il vento del Nord Atlantico gioca un ruolo fondamentale nell’avvicinare il sistema al punto di non ritorno: “Questo ci mostra che, con determinati pattern di circolazione atmosferica insieme a un aumento dei gas serra, si avrebbe una maggiore probabilità di un indebolimento della circolazione”, conclude Matteo Cini.

 

Anomalie della temperatura atmosferica in prossimità della superficie (2 metri) e anomalie dello zonal wind (vento in direzione est) a 850 hPa. (Cini et al., 2024)
Anomalie della temperatura atmosferica in prossimità della superficie (2 metri) e anomalie dello zonal wind (vento in direzione est) a 850 hPa. (Cini et al., 2024)

 

Gli eventi spontanei osservati nelle simulazioni sono comunque molto rari. Il modello utilizzato ha una complessità ridotta rispetto ad altri modelli, con un algoritmo che permette di indurre questi eventi rari senza la necessità di inserire forzanti esterne. L’obiettivo era infatti verificare la possibilità di un collasso spontaneo dell’AMOC e non quantificare la probabilità che un evento di questo tipo accada.
Ulteriori studi in corso con questo tipo di algoritmi e con modelli climatici all’avanguardia permetteranno di comprendere il ruolo dei gas serra e la probabilità che questi eventi accadano con e senza forzanti esterne al sistema.

 

La ricerca si è svolta nell’ambito del progetto Horizon 2020 TiPES (Tipping Points in the Earth System), focalizzato sullo studio di diverse tipologie di tipping point climatici, e del progetto Horizon Europe OptimESM (Optimal High Resolution Earth System Models for Exploring Future Climate Change), che punta a sviluppare la nuova generazione di modelli del sistema Terra e a fornire proiezioni climatiche a lungo termine per supportare le politiche e le esigenze della società.