Protocollo di Montreal - Perché misurare ancora l'ozono?

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Protocollo di Montreal - Perché misurare ancora l'ozono? - Michela Maione e Jgor Arduini, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo e CNR-ISAC

La Giornata internazionale per la preservazione dello strato di ozono cade, non a caso il 16 settembre.

Il 16 settembre del 1987 è stato firmato il Protocollo di Montreal, un trattato internazionale che prevede la messa al bando di quei composti in grado di distruggere la fascia di ozono che è indispensabile per la vita in quanto ci protegge dalla componente più energetica della radiazione ultravioletta proveniente dal Sole.
Si tratta di composti di sintesi, per lo più contenenti cloro, che a partire dalla loro introduzione un centinaio di anni fa hanno trovato numerosi campi di applicazione soprattutto nel settore della refrigerazione.

Il Protocollo di Montreal è considerato, a ragione, il trattato ambientale di maggior successo. Ricerca, politica, industria e società civile hanno tutte contribuito a questo successo con risultati evidenti, anche se per un ripristino completo della fascia d'ozono saranno necessari ancora alcuni decenni.
Ma quello che è importante sottolineare è quello che il Protocollo ha evitato. In assenza del Protocollo, a partire dalla seconda metà di questo secolo non ci si sarebbe potuti esporre al sole per più di 5 minuti senza procurarsi ustioni alla pelle, e questo a tutte le latitudini, non solo a quelle polari dove finora la deplezione dell'ozono è stata più evidente.

 

La ricerca su Monte Cimone

Il CNR-ISAC e l’Università di Urbino contribuiscono attivamente alla ricerca internazionale sui composti dannosi per l’ozono stratosferico attraverso un programma di misure pluridecennale, condotto presso l’Osservatorio del CNR-ISAC di Monte Cimone nell'Appennino Modenese, a sud della Pianura Padana.

Le attività di misura sono condotte in stretta collaborazione con i principali centri di ricerca e network di misura internazionali per garantire il massimo della qualità, in termini di precisione e accuratezza delle osservazioni.
La peculiarità dell’Osservatorio di Monte Cimone fa si che il sito risenta sia delle variazioni delle concentrazioni globali che di perturbazioni dovute ad eventuali fenomeni di trasporto di emissioni che avvengono su scala regionale – Europea.

 Le nostre misure mettono in luce l'effettiva entrata a regime delle prescrizioni del Protocollo di Montreal sulla produzione e il commercio dei vari CFC e dei loro sostituti. I dati mostrano infatti che le concentrazioni di fondo per questi composti stanno diminuendo, più o meno velocemente a causa dei loro lunghi tempi di permanenza in atmosfera delle diverse molecole, e che i fenomeni locali sono pressoché assenti, a meno di qualche episodio specifico, come registrato qualche anno fa per il metilcloroformio.
Per questo le attività di monitoraggio in siti strategici come quello di Monte Cimone sono un valido strumento indispensabile per verificare la riuscita delle politiche di riduzione.

 

Referenze

Maione, M., Graziosi, F., Arduini, J., Furlani, F., Giostra, U., Blake, D. R., Bonasoni, P., Fang, X., Montzka, S. A., O'Doherty, S. J., Reimann, S., Stohl, A., and Vollmer, M. K.: Estimates of European emissions of methyl chloroform using a Bayesian inversion method, Atmos. Chem. Phys., 14, 9755–9770, https://doi.org/10.5194/acp-14-9755-2014, 2014.

Western, L.M., Daniel, J.S., Vollmer, M.K. et al. A decrease in radiative forcing and equivalent effective chlorine from hydrochlorofluorocarbons. Nat. Clim. Chang. 14, 805–807 (2024). https://doi.org/10.1038/s41558-024-02038-7.