Partecipazione, processi inclusivi e scienza post-normale - Cristina Mangia, CNR-ISAC
I processi decisionali sulle questioni riguardanti l’ambiente e la salute pongono alla scienza una sfida particolare sia sul piano della conoscenza che su quello del rapporto scienza-società-decisori politici.
La complessità è dovuta al fatto che i sistemi ecologici intrecciati strettamente a quelli umani non sono sistemi deterministici, sono caratterizzati da una notevole incertezza dovuta alle limitate conoscenze disponibili, richiedono differenti saperi disciplinari che invece spesso sono separati e distaccati gli uni dagli altri.
Le questioni ambientali, inoltre, vedono in campo anche forti interessi economici-politici e legittime differenze valoriali delle persone coinvolte e portatori di interesse
Tutto ciò rende questi contesti ad alto livello di conflittualità che si registra nei conflitti tra gli stessi scienziati, tra cittadinanza e istituzioni politiche, tra le diverse istituzioni. Con la conseguenza che molti problemi non riescono a trovare una soluzione nel breve o lungo periodo.
Basti pensare ad un qualsiasi contesto di inquinamento ambientale, al problema di individuazione di un sito di scorie nucleare, alla diffusione di un patogeno, ai cambiamenti climatici.
In questi ambiti appare evidente che il modello tradizionale di una scienza che fornisce una conoscenza affidabile e obiettiva di supporto alle decisioni politiche risulta inadeguato.
Ed è proprio nel confine tra scienza-policy che si è sviluppato l’approccio di scienza post-normale proposto da Funtowicz e Ravetz. Matematico il primo per anni allo Joint Research Centre della Commissione europea di ISPRA. Filosofo il secondo. L’approccio indica un nuovo modello di indagine scientifica e di relazione scienza –società- decisori politici, da mettere in atto nei contesti in cui “i fatti sono incerti, i valori in discussione, gli interessi elevati e le decisioni urgenti” come sono quelli che investono le questioni ambientali e di salute pubblica. Il termine post-normale intende marcare due differenze rispetto alla condizione di normalità. La prima differenza la definizione di scienza “normale” di Kuhn in cui le attività scientifiche definite come “soluzioni di rompicapi” svolte all'interno di paradigmi accettati dalla comunità scientifica di riferimento, e nella netta distinzione tra “fatti scientifici” e “valori”. Ma anche a marcare la differenza di “normalità” di un rapporto unidirezionale scienza-politica.
La proposta dell’approccio post-normale consiste in un allargamento dei soggetti autorizzati a partecipare alla definizione e alla soluzione del problema scientifico, a partire dalle domande di ricerca, alle metodologie di lavoro, alla raccolta di informazioni rilevanti. Pensiamo alle comunità cittadine, scienziati/e di prospettive minoritarie. Queste “comunità estese di pari” non sono necessariamente destinatarie passive di materiali forniti da esperti. Possono essere loro stesse portatrici di conoscenza locale.
Lo scopo di un approccio scientifico post-normale di fronte ad un problema ambientale che richiede una governance non sarebbe, quindi, l'accertamento di una "verità" per sua natura incerta, ma la gestione del problema che contenga il maggior numero di informazioni, tenga conto di tutte le prospettive legittime e produrre consenso.
Ispirato a questo approccio è stato un progetto di ricerca in cui è stato coinvolto il CNR ISAC insieme all’Istituto IFC, Università di Pisa e di Firenze. Il progetto di Manfredonia prevedeva si studiare lo stato della salute in seguito ad un incidente industriale. Il progetto ha visto il gruppo di ricerca e un coordinamento cittadino insieme in tutte le fasi dello studio e della ricerca, dalle domande alla progettazione dell’indagine, dalla ricerca delle informazioni rilevanti, alla definizione del protocollo fino alla discussione a priori delle possibili implicazioni dei risultati dello studio. Lo svolgersi delle assemblee pubbliche nella sala consiliare alla presenza del sindaco o di altri amministratori aveva come obiettivo quello di includere l’amministrazione pubblica come ulteriore soggetto della ricerca.
Nella faticosa condivisione di linguaggi esperti e non esperti, l’attività di ricerca non ha mescolato i ruoli scienziati/non scienziati, ma piuttosto arricchendosi di conoscenza locale e punti di vista differenti, è risultata una ricerca migliore. Un approccio di questo tipo restituisce, inoltre, ai cittadini un loro ruolo di soggetto negli studi epidemiologici che li riguarda e alle amministrazioni che finanziano la responsabilità dei risultati e delle loro implicazioni.
Referenze
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