Scomparsa di Claudio Tomasi – Il ricordo di Vito Vitale

Claudio Tomasi

Ho conosciuto Claudio nel marzo del 1980. Avevo appena preso la decisione di cambiare indirizzo nei miei studi e di dedicarmi alla geofisica fluida invece che a quella solida. Mi presentai quindi da Vittori, mio professore di Fisica dell’Atmosfera e direttore/fondatore dell’allora Istituto FISBAT, per chiedere la tesi. Non conoscevo nessuno al FISBAT e per la verità non ero mai entrato prima nella sede CNR di via dei Castagnoli. Col suo modo pratico e sbrigativo, sentita la mia richiesta, Vittori mi portò nello studio di Claudio e senza preamboli disse: illustra a questa persona quello che tu (voi) fate e trovate un argomento per una tesi. Detto ciò, prese e se ne andò lasciandomi li. Una situazione di certo imbarazzante, ma ricordo ancora molto bene come Claudio sorridendomi riuscì a rendere le cose subito semplici, farmi sentire a mio agio, e appassionare agli argomenti. In una parola a farmi sentire già parte della squadra: un collega che doveva apprendere, non uno studente a cui insegnare. E questa sensazione di stare nel posto giusto, di essere di casa dentro il FISBAT (poi ISAO, poi ISAC) non mi ha mai più abbandonato. Un primo lascito dei tanti che da lui ho di certo ricevuto nei tanti anni passati a lavorare insieme.

Dal punto di vista lavorativo Claudio mi ha insegnato come la costanza dell’impegno, il rigore nel soppesare ipotesi e risultati, la meticolosità nel ricercare fonti come nel preparare il lavoro in campo siano il solo modo per raggiungere buoni risultati. E mi ha anche insegnato a porsi obiettivi ambiziosi, avere uno sguardo sempre ampio e di prospettiva. Di sicuro ci siamo trovati bene a lavorare insieme perché su tanti punti eravamo affini. E questa affinità si è manifestata spesso nelle lunghe sedute a scrivere un lavoro, oppure nei momenti in cui ci sedevamo e compivamo il rito di rivedere l’elenco dei lavori che si sarebbero potuti/voluti realizzare con i dati raccolti/disponibili. Aveva una agenda (che nel tempo è diventata una lavagna) dove questa lista veniva sempre aggiornata. E ricordo che per quanto lavorassimo, questa lista non si riduceva mai, al più si allungava. Insomma, le idee non mancavano, avevamo sempre 15-20 lavori almeno che ci sarebbe piaciuto scrivere, tutti li belli in ordine con il loro titolo provvisorio già definito.
Il cercare obiettivi ambiziosi ci ha fatto iniziare insieme l’avventura polare. Ma oltre alla novità e all’interesse per questa nuova sfida, credo che lui, che poi in Antartide non è mai stato, abbia capito che io in Antartide ci sarei andato anche solo sui gomiti, e abbia voluto assecondare un po’ il mio entusiasmo. E a cavallo del nuovo millennio ci ha portato a immaginare di realizzare e promuovere un network polare per l’aerosol, POLAR-AOD, iniziativa che tra alti e bassi ancora resiste, o provare a mettere in piedi una rete europea per la fotometria, azione non andata in porto. Nel completare il ricordo di Claudio per quel che attiene il lavoro, mi piace sottolineare come un altro suo lascito sia stato proprio quello di mai abbattersi: per ogni idea che non va in porto ce ne sono almeno altre due-tre su cui puntare e insistere.

Dal punto di vista del carattere e della personalità, Claudio è sempre stato una persona gentile, onesta intellettualmente, pronta a mettersi al servizio degli altri, con un forte senso di appartenenza, al CNR e non al singolo Istituto (in questo l’abbiamo sempre pensata uguale). Come tutti, aveva anche degli aspetti meno belli e spigolosi che pure ho imparato a vedere. Ma questo non sminuisce, rende solo umani. La sua disponibilità a servire interessi generali lo ha portato a sostenere la vita dell’Istituto, in qualità di Direttore, nel momento cruciale di passaggio da via dei Castagnoli alla nuova sede qui di via Gobetti nei primi anni ‘90 e a guidarlo nella fase di assestamento, che non è mai cosa semplice. E poi a contribuire in modo significativo alla riorganizzazione della rete scientifica dell’Ente a fine degli anni ‘90, nella sua posizione di membro del Consiglio Scientifico del CNR.
In entrambi i casi, devo dire che ho potuto vedere come la sua pazienza e duttilità anche diplomatica sia stata messa a dura prova. Nel momento del passaggio, quando pur triplicando gli spazi disponibili sembrava non si riuscisse ad accontentare tutti, e la mappa allocazione degli spazi sembrava una tela di penelope: fatta un giorno, disfatta il giorno dopo. Ancora peggio è andata con la ristrutturazione della rete, perché Claudio da generoso si era preso la pesca più grossa: cercare di mettere d’accordo e riorganizzare la rete degli Istituti dediti al mare. E ricordo ancora bene la sua delusione e incredulità nel dover ammettere/accettare che riorganizzare la rete in un unico grosso soggetto, fosse impresa a cui confronto le mission impossible di Tom Cruise sarebbero apparse un gioco da ragazzi. Lì Claudio, senza volerlo, mi ha fornito una ultima grande lezione: anche se una cosa ha senso ed è quella giusta, interessi di parte la renderanno quasi sempre impossibile a dispetto di tutto e di tutti.

Voglio completare questo ricordo con una immagine di certo felice, la festa che gli abbiamo dedicato il giorno della sua andata in pensione. Eravamo a Ny Alesund, era il 2006, ed eravamo li per la prima intercomparison campaign di POLAR-AOD, organizzata in preparazione del progetto IPY che sarebbe partito l’anno dopo. Abbiamo potuto quindi festeggiarlo in un luogo che di sicuro a lui piaceva perché in fondo poteva ricordare le sue montagne. Che l’esperienza artica a lui fosse gradita e cara, lo testimonia il fatto che il suo CV (che potete ritrovare e scaricare dalla rete) mostra una foto di lui nel 2003 scattata a Longyearbyen. Se guarderete quel CV, aggiornato da lui un’ultima volta nel 2017, potrete capire di certo molto, e ritrovare credo molte delle cose che sopra ho provato a dire.

 

Vito Vitale